Il monolito di Zaffina

Nella notte romana sembrava fuoco e forse lo era veramente. In via della Reginella 26, nella galleria Opera unica e con la curatela di Claudia Quintieri, l’unica opera di Fiorenzo Zaffina era un principio d’incendio. Un monolito di cemento bianco incastrato in 6 metri quadrati di spazio, un parallelepipedo perfetto, liscio e splendente. Fino a qui tutto normale e niente di nuovo. Ciò che colpisce infatti, oltre il vetro trasparente della galleria, è la geometria rovinata della costruzione, è il rosso che contrasta con il bianco, la scoperta di una profondità che forse l’opera non sapeva di possedere. Insomma, l’artista spoglia il cemento bianco, lo spacca, decide di farlo in alto, quasi a toccare il soffitto e la rete si rompe raccontando la sua verità. “Vedi, in questi silenzi in cui le cose/s’abbandonano e sembrano vicine/a tradire il loro ultimo segreto” diceva Montale. Zaffina va oltre e scava in un’ideale perfezione geometrica, la deturpa, costringe l’oggetto a rivelare i suoi segreti.

La poetica dell’artista sembra basarsi sul concetto che anche gli oggetti abbiano qualcosa da raccontare. Allora, nelle installazioni precedenti lo scultore violentava muri, li bucava, li scavava consapevole del fatto che anche le pareti hanno una memoria. Quanti discorsi avranno sentito le vostre mura di casa, quante cose vedono e quante non dovrebbero vedere? Chi c’era prima di voi là dentro e cosa faceva? Zaffina cerca queste ed altre risposte picconando muri. L’artista tenta di spezzare la compostezza imbiancata della parete e la sua fredda perfezione, gratta fino al fondo e più scopre e più vuole scoprire per far rivelare ai muri i loro segreti. “Perché non parli?” urlava Michelangelo al suo Mosè. “Quando parlerai?” grida Zaffina al suo muro scalcinato.

In via della Reginetta 26 c’è un’opera, c’è un incendio, che racchiude magnificamente tutto questo. Lo scultore è riuscito a sintetizzare la sua carriera in un solo lavoro astratto ed elegantissimo. Ha accettato e vinto la sfida di costruire un’installazione per uno spazio ristretto e asettico dove il contatto fra pubblico e creazione è filtrato da un vetro trasparente. Passateci e guardatelo quel rosso che esplode là su in alto, quel fuoco che il monolito nascondeva nella sua austerità e che “per forza di levare” ora splende come una medaglia sul primo atleta. Passateci e fate caso al delicato contrasto di lavorazione fra il liscio troppo liscio della costruzione e il ruvido della fiamma. Passateci ma consapevoli che lì non troverete la verità, casomai una storia. Montale scrive: “Il punto morto del mondo, l’anello che non tiene/il filo da disbrogliare che finalmente ci metta/nel mezzo di una verità”.

Fino al 27 ottobre
Galleria Opera unica
via della Reginella 26, Roma
Info: www.operaunica.eu