La Biennale di Torino

Annunciato una ventina giorni fa da una conferenza stampa fiume, in cui Vittorio Sgarbi si è lanciato in invettive contro l’odiata casta dell’arte, è finalmente arrivato il tanto dibattuto ultimo atto del padiglione Italia della 54esima Biennale di Venezia, fortemente voluto dal critico ferrarese. I timori di un’estremizzazione della logica da supermercato dell’arte che ha contraddistinto la mostra lagunare non erano del tutto infondati ma, con oltre 600 artisti da disporre nei pur ampi 12mial metri quadri della sala Nervi di palazzo delle Esposizioni, a Torino, non c’è troppo da stupirsi che l’operazione risulti quantomeno caotica e dispersiva.

La sensazione, confermata in sede di presentazione dallo stesso Sgarbi è che questa non sia tanto una mostra pensata per il pubblico, quanto per gli artisti stessi che vi partecipano con un numero di opere. «C’erano 600 artisti rimasti fuori dalla Biennale – ha sottolineato il critico – che qui trovano il loro spazio». Il nobile obiettivo di «concedere agli artisti la dignità della propria esistenza» sembra quindi essere stato raggiunto e c’è da dire che, nonostante il marasma imperante, non mancano le opere di fascino e di rilievo, a cominciare dai tre dipinti del parmense Enrico Robusti, le sei ballerine cangianti di Umberto Ciceri, o le eleganti e variopinte sculture in vetro di Silvio Vigliaturo, che danno vita a un forte contrasto con il fuoristrada ricoperto di terra e fango di Enrico Cazzaniga.

Come hanno rimarcato a più riprese sia Sgarbi che Giorgio Grasso, coordinatore dell’evento, qui c’è arte per tutti i gusti. C’è spazio per il Tex di Fabio Civitelli, per il Diabolik di Sergio Zamboni, per le otto tavole di Marino Neri, intitolate la Coda del lupo, e per le teste di ceramica di Ugo La Pietra, rappresentanti le regioni d’Italia e già viste quest’anno alle Ogr. Il vero punto di forza di questa mostra, però, è quello di dare la possibilità ad alcuni giovani artisti di talento di prendere parte a un evento di indubbio richiamo, a cui, probabilmente non sarebbero riusciti a partecipare altrimenti. E allora, si possono vedere il deflagrante ritratto di Massimiliano Petrone, le architetture oniriche delle fotografie di Silvio Zangarini o l’incredibile iperrealismo del disegno a matita su cartoncino nero di Neve.

Sicuramente non è vero, come ha urlato provocatoriamente Grasso dal podio durante la presentazione, che i 600 artisti in mostra «sono tutti quanti più bravi di Cattelan» e neanche che questo è «il più importante evento artistico di questi ultimi anni» ma, nell’assoluta confusione dell’allestimento, capita più spesso di quanto non si potesse pregiudizialmente pensare di imbattersi in piccoli e grandi capolavori di maestri ingiustamente poco noti o giovani talenti ancora sconosciuti.

Fino al 31 gennaio 2012
Palazzo delle Esposizioni, sala Nervi
corso Massimo D’Azeglio 15