Oltre le consuetudini

Non vi piacciono i romanzi sdolcinati: un titolo come Se ti abbraccio non aver paura sarebbe in grado di provocare in voi disapprovazione per non dire estrema riluttanza, un disagio fisico prima che mentale. Quella frase sdolcinata vi opprime. Eh sì, giacché rifuggite dalle commedie e commediole dallo stile hollywoodiano, dal racconto costruito ad hoc per commuovere e dalle visioni buoniste sul mondo. E così lascereste, per altri titoli più originali e accattivanti, il romanzo del veneto Fulvio Ervas (classe 1955) edito da Marcos y Marcos (pp 319, 17 €). E con esso una storia vera. Quella di un ragazzo autistico in età adolescenziale, Andrea, e di suo padre, del rapporto d’amore che li unisce. Ervas narra le vicissitudini dei due protagonisti in prima persona, dal punto di vista del padre, trasponendo nelle pagine scritte una testimonianza diretta. Lo scrittore infatti ha personalmente conversato con Franco (il padre reale di Andrea), è entrato nella sua esperienza, l’ha fatta propria per poterla restituire ai lettori. Il romanzo, sempre fedele al reale, diventa ben presto un on the road in motocicletta. Strano dati i presupposti, strano date le consuetudini. Quelle consuetudini e quei “consigli” medici che invitano a preparare le persone autistiche alle novità, anzi meglio che non ci siano le novità, meglio evitare di catapultarli in situazioni che gli allontanino dalle consuetudini, dalla routine, dalle abitudini.

Invece qui la sfida alle consuetudini diventa la protagonista: quando di punto in bianco arriva la decisione di un viaggio in motocicletta (preceduto da uno in aereo) nella volontà di un padre di entrare nel mondo del figlio, ma soprattutto di non relegare la sua esistenza all’interno dei confini angusti scelti da lui da terzi (dalla medicina, dalla sicurezza, dalla paura). E allora che la storia personale di Marco diviene una storia universale, che estrapola dal caso personale e acquista la potenza di parlare a tutti. La scrittura lascia da parte le costruzioni letterarie per farsi semplice. E forse la semplicità è il peggior difetto del romanzo. Ma forse proprio la semplicità meglio si addice a una storia non certo semplice, che invece è il motivo per cui inoltrarsi nelle pagine di un libro dal titolo sdolcinato come Se ti abbraccio non aver paura.

«… ricordammo tutti e due quando comperammo delle maglie e ci scrivemmo sopra “Se ti abbraccio non aver paura”. Andrea a scuola provava in continuazione l’impulso di abbracciare con forza i compagni e noi speravamo, così, di rendere le cose più facili. Una scritta né troppo grande né troppo piccola: non voleva essere un avvertimento minaccioso e tantomeno una supplica. Un semplice suggerimento, e poi le maglie colorate erano davvero molto belle.»