Il Palazzo enciclopedico

Si è tenuta questa mattina, intorno a mezzogiorno, nel teatro piccolo all’Arsenale la conferenza stampa di presentazione/apertura della 55esima esposizione internazionale d’arte, biennale di Venezia, il Palazzo enciclopedico. In sala un pubblico di giornalisti internazionali ha vincolato i presenti a un dialogo in lingua inglese. Dopo una breve introduzione e i soliti ringraziamenti di forma, da parte del presidente della biennale Paolo Baratta, viene lasciata la parola a Massimilano Gioni, il curatore della mostra di questa edizione. «Il palazzo enciclopedico è una forma di scrittura nello spazio, dove sono presenti e interagiscono diversi elementi, oggetti, comunicazione ed esperienza sensoriale». Con queste parole il curatore parla del suo progetto pensato per l’evento e sottolinea quali sono le chiavi di lettura per comprendere il palazzo enciclopedico.

Il nome dato alla mostra non è stato scelto a caso bensì perché ben rappresenta l’idea di un luogo dov’è incapsulato il sapere. Il curatore brevemente ripercorre la storia sottesa dietro al titolo, lo stesso dato all’utopistica idea creativa di Marino Auriti, colui che nel 1955 depositò all’ufficio brevetti statunitense il progetto di un palazzo Enciclopedico, un museo immaginario che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dell’umanità. Cosi lo stesso spirito di una conoscenza universale e totalizzante attraversa la storia dell’arte e dell’umanità arrivando fino a oggi. Gioni continua dicendo: «Volevo che il titolo della mostra fosse un oggetto concreto, un simbolo per la mostra stessa». Dopo aver rammentato che l’arte è un modo per comprendere il mondo e non una forma di intrattenimento, Gioni ha inoltre ribadito: «Importante ricordare che la mostra non è un enciclopedia dell’arte, ma parla dei viaggi dell’immaginazione di molti individui, non pretende di dire o di essere una verità bensì è una mostra che permette di liberare l’immaginazione».

La mostra forma un unico percorso espositivo che si articola dal padiglione centrale (Giardini) all’Arsenale, includendo più di 150 artisti provenienti da 37 nazioni. Sfumando le distinzioni tra artisti professionisti e dilettanti, tra outsider e insider, l’esposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandosi in particolare sulle funzioni dell’immaginazione e sul dominio dell’immaginario. Nell’Arsenale sarà possibile trovare il dominio del visibile, artisti che cercano di tradurre il mondo tramite le loro visioni , un esperienza di intimità ribadisce Gioni. Dopo un ringraziamento speciale all’artista statunitense Cindy Sherman, invitata per esprimersi attraverso un progetto (un’installazione, da intendere come un accurato museo di se stessa, collocato all’Arsenale) Gioni conclude il suo intervento ringraziando tutti gli artisti. L’ultimo chiamato a intervenire sul palco è stato Carlo Giordanetti, per Swatch, patner di questa edizione della biennala, che ha ovviamente espresso il suo onore per essere entrato a far parte dell’evento e ha fatto notare quanto la biennale di Gioni sposi la filosofia del breand.

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