L’arte è cosa di pensiero

Corpi-luoghi, immagini è il titolo della mostra inaugurata il 6 giugno nello spazio capitolino Anna Marra contemporanea; curata da Mariastella Margozzi e Lorenzo Respi resta aperta fino al 31 luglio. In galleria le sculture di Teodosio Magnoni (1934), lavori dalle linee semplici, installate sia a parete che a terra, invitano a un’osservazione attenta e dinamica, per cogliere le delicate sfumature prospettiche e volumetriche. Gli eleganti lavori in alluminio, dai volumi sottili e leggeri, dalle geometrie rigide e taglienti, tre dei quali creati appositamente per lo spazio romano (dislocati nella prima sala), sono affiancati a due sculture a terra e dialogano con un lavoro cinetico in legno, risalente agli anni’60. Abbiamo incontrato il maestro alla prima della mostra e abbiamo affrontato insieme alcuni aspetti legati alla sua pratica artistica.

Quali sono i passaggi mentali e operativi che precedono la realizzazione dei suoi lavori?

«I miei lavori nascono da un pensiero che velocemente trasferisco sulla carta. A volte faccio passare anche anni prima di verificare i disegni con lo spazio. Costruisco dei modelli sia bidimensionali che tridimensionali, poi la scultura vera e propria dai modelli che più mi piacciono, o altre volte sono loro che scelgono me. La base di partenza è sempre il disegno».

La sua esperienza artistica è fatta di una prima fase di pittura che in un secondo momento ha messo da parte per dedicarti alla scultura. Come mai il cambiamento?

«Il passaggio è avvenuto a cavallo tra gli anni ‘50 e i ‘60, dopo una decina di anni caratterizzati da una pittura molto materica e colorata. Ero appena uscito dall’accademia d’arte di Bergamo e dunque considero quel periodo come un inizio. A un certo momento ho sentito l’esigenza di affrontare lo spazio tridimensionale; così ho iniziato a utilizzare nuovi materiali, anche se questi giocavano un ruolo molto limitato. La staticità propria della pittura mi incominciava a opprimere e pesare».

In rapporto alla scultura il ruolo dello spettatore è più libero e dinamico. La visione del lavoro presuppone il movimento che conseguentemente modifica anche la percezione dello spazio circostante. Nei suoi lavori questo aspetto è molto evidente. Quanta importanza ha lo spazio nella sua ricerca, ce ne può parlare?

«Come dice il filosofo Heidegger, lo spazio compare e scompare contemporaneamente, è dinamico. Ognuno di noi, come lei giustamente ha colto, sente e abita il proprio ambiente. Nei primi lavori non c’era materia nè peso, svuotavo per lasciare il vuoto vibrare. Le mie sculture sono opere fatte non nello spazio ma con lo spazio. Questo entra ed esce dalla mia scultura, la loro leggerezza è funzionale non a incorniciarlo ma a metterlo in evidenza».

Ci sono dei lavori che ha realizzato appositamente per la mostra. Come si è relazionato alla galleria?

«Ho prodotto tre opere per l’esposizione. Questo locale è molto imponente con delle pareti altissime che, per così dire, schiaccia. Nei miei lavori la reminescenza della pittura è ridotta al minimo. Le mie creazioni non vogliono essere invadenti ma accoglienti, perché credo che l’opera deve invitare lo spettatore a entrare sia concettualmente che fisicamente».

Dal’iniziale approccio alla scultura a oggi, come è cambiato il suo lavoro?

«Dallo spazio praticabile sono passato a una sorta di spazio-luogo. La scultura la intendo come corpo e come luogo, seguendo anche in questo caso il concetto di ambiente così come espresso da Heidegger».

Le sue letture influenzano molto la sua pratica

«Le letture mi aiutano nel pensiero, a mettere a fuoco. Il movimento, l’oscillazione la torsione delle forme, rappresentano la mia continua ricerca verso la verità, che come sappiamo è impossibile da raggiungere. Credo che il pensiero e la scultura siano molto vicine».

Dipinge ancora ogni tanto?

«No, anche se ne ho spesso nostalgia».

Fino al 31 luglio; Anna Marra contemporanea, via San’Angelo in Pescheria 32, Roma; info: www.annamarracontemporanea.it

Foto di Sebastiano Luciano