Van Gogh al Vascello

Roma

«Per diversi giorni sono stato completamente fuori di me… Questa nuova crisi mi ha preso quando ero nei campi e mentre stavo dipingendo in una giornata ventosa». Con queste parole Vincent Van Gogh parla a Theo in un passaggio dell’epistolario, testimonianza preziosa di una vicenda umana e artistica, pieno di lettere scritte all’adorato fratello. Queste non sono le parole di un malato di mente psicotico, ma di un artista borderline, che per la sua sensibilità soffre fino al parossismo carenze affettive profonde per trasformarle in arte, creando quadri con tutti i colori della sofferenza. Questo è l’assunto di fondo di Van Gogh, lo spettacolo di danza del coreografo Loris Petrillo, al debutto stasera al teatro Vascello, con la regia di Massimiliano Burini. Una lettura inedita del pittore olandese: a partire dall’analisi clinica del chirurgo Renzo Ovidi si snoda la performance di un unico interprete, il danzatore Nicola Simone Cisternino, per raffigurare gli stati d’animo che ispirarono le celebri tele. La rappresentazione è costruita come sequenza di quadri coreografici, in un palco scarno, con impostazione istallativa, ideale per uno spettacolo destinato a qualunque spazio scenico alternativo e itinerante. Il coreografo ha fondato, nel 2000, la compagnia Petrillo danza per la quale crea un ricco repertorio di opere di impegno sociale, politico e culturale; oggi è una delle compagnie più all’avanguardia, scritturata all’estero, dalla continua sperimentazione stilistica, apprezzata per l’elemento dominante della fisicità e per la massima tensione espressiva che arriva al pubblico senza mediazioni. Petrillo ha una visione ampia della danza, non solo esercizio di tecniche, ma arte interdisciplinare che si nutre di anatomia, fisica, medicina, filosofia e musica.

«Il mio pennello scorre tra le mie dita come se fosse un archetto di violino. I colpi di pennello vanno come una macchina, vengono e si succedono concatenati. Vi sono campi di grano infinitamente ampi sotto cieli temporaleschi e non ho evitato il tentativo di esprimere tristezza e solitudine estrema». Van Gogh dimostra di considerare le varie arti dei vasi comunicanti, come avviene nelle coreografie al Vascello, in cui si susseguono movimenti in uno spazio scenico dinamizzato dalle luci, segnati da musiche di Wagner, Bach, Diepenbrock, Handel e Ibsen, al diapason con le emozioni del pittore. Per immergere lo spettatore in una sinestesia che evoca l’attimo creativo nel suo divenire, fino a rivedere mentalmente, con nuova consapevolezza, quei dipinti così noti. «Nel mio lavoro ci rischio la vita, e la mia ragione vi è consumata per metà». Van Gogh, che non vendette mai un quadro, si confida col fratello, lucido nel percepire i suoi disturbi nervosi, che cavalca per dar forma ai quadri. «Per arrivare a questo giallo stridente che ho raggiunto questa estate ci è voluta un po’ di esaltazione» e ancora «Ora riuscirò a fondere quegli ori e quei toni di fiori, il primo venuto non riesce a farlo, ci vuole tutta l’energia di un individuo», scrive sui celeberrimi girasoli. «La speranza di dipingere il cielo stellato non lo lasciò mai» ma preferì ispirarsi a soggetti realistici, a lui vicini. «Briciole di grano, il vento le violenta al mio passaggio, la strada è segnata , la percorro verso il nuovo domani , insieme ai neri corvi miei compagni, lascio la luce per il buio in cui mi annullo» così scrisse dipingendo i corvi, oscuro presagio di quel 27 luglio 1890, in cui, stremato dal travolgente impegno pittorico e dall’eterna ricerca di affetto, si tolse la vita.

Info: http://www.teatrovascello.it/