Maria Callas, la Divina

«La congiunzione di stelle che si sono incontrate per creare un astro così completo e perfetto come Maria Callas non potrà ripetersi mai più», dice Franco Zeffirelli, amico ed estimatore della cantante. Non può dirsi altrimenti di colei che è considerata, citando Leonard Bernstein, La Bibbia dell’opera lirica. All’anagrafe era Anna Maria Sofia Cecilia Kalogeropoulou, ma per tutti è Maria Callas, la Divina. Nasce a New York nel 1923 da genitori greci trapiantati negli Stati Uniti; 
la madre non fu mai affettuosa con lei ma ebbe il merito di farle studiare musica riconoscendone subito il talento. Divenne così “la donna che poteva cantare qualsiasi brano musicale scritto per voce femminile”, un’icona, al punto che nel ’57 fu proclamata la donna più elegante del mondo. Nella lirica di questo secolo esiste un prima e un dopo Callas. Come da tombe profanate riemergono anime irrequiete, le sue eroine, abbandonate dalle mode dei tempi, dalle consuetudini dei teatri lirici, o stereotipate dall’uso, tornano a brillare ancora, respirano aria di tragedia e la verità dei sogni. A oltre trent’anni dalla morte si appanna la figura mondana delle cronache rosa, di colei che sposò il magnate Onassis e ne fu ripetutamente tradita e poi lasciata per Jackie Kennedy, ma resta eterna la sua voce, riprodotta all’infinito.

Oggi, a ricordare i novant’anni dalla nascita ha pensato per primo Google, optando per il logo delle ricorrenze, un Doodle tutto a lei dedicato. La Callas è la grana di una voce che attesta una realtà labile, ma resistente alla morte. Riascoltarla, nelle mirabili metamorfosi, sia nelle vesti di Medea, Mimì, Norma, Carmen, Manon Lescaut, Aida, Lady Macbeth, Lucia di Lammermoor o delle altre, significa cogliere la bellezza e un’ostinata voglia di vivere. Quando percorreva il viale del tramonto, indebolita dalla mole di ruoli interpretati e da un dimagrimento, nacque una singolare amicizia, o qualcosa di più: Pasolini la scelse per Medea, incantato dalla voce, ma senza farle cantare nel film neanche una notama concentrandosi sulle doti attoriali. Lo scrittore riprese a scrivere versi grazie a lei. Nelle liriche di Trasumanar e organizzar le cantò: «Ma tu ci sei, qui, in voce, La luna è risorta; le acque scorrono; il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata finisce contro gli alti cornicioni e il nero del cielo . Chi c’è, in quel vuoto del cosmo, che tu porti nei tuoi desideri e conosci?». Pasolini ritrova in lei un umanità primitiva: «Era una donna autentica insomma. E poi era bella. Quando parlava del lavoro le pupille dei suoi occhi si dilatavano e le accendevano il volto con delle vampate che definirei ascetiche». Dario Fo, autore con Franca Rame, di Una Callas dimenticata, la racconta come «una donna fuori norma, una donna fuori chiave che ha vissuto le passioni con la forza di una Medea, ma anche con l’ironia di una figura di Aristofane. La Callas era greca, una greca antica». Secondo un recente sondaggio del periodico Classical Voice, Callas è la più grande interprete verdiana. Nel 90esimo anniversario di nascita è uscito il doppio cd Maria Callas at Covent Garden 1962-1964, due album e un dvd con le performance alla Royal Opera House di Londra in quegli anni. La seconda parte, incisa nel ’64, testimonia il ritorno di Callas sulle scene, dopo un anno tormentato per vicende personali. Anche la Divina, con una coincidenza di ricorrenze, rende onore a Verdi, negli ultimi giorni del bicentenario.