Domenica la partita si fa in tre

Il pittore situazionista danese Asger Jorn (folle personaggio, allievo di Fernand Léger all’accademia di Belle arti di Parigi) aveva un problema: nessuno lo capiva, cosa del resto non propriamente insolita nel mondo dell’arte. Lui, eppure, era convinto delle sue ragioni e il fatto che nessuno gli desse il giusto peso non lo faceva un artista contento. Jorn ha dedicato parte della sua produzione pittorica e un saggio, The application of the triolectical method in general situology, all’idea del superamento dialettico su base doppia per un approdo verso una dialettica a base tripla. Il pittore situazionista danese era convinto che l’uomo del terzo millennio avrebbe definitivamente superato la contrapposizione fra due personaggi, idee, genericamente cose, per scoprire non più una contrapposizione ma diverse strategie e rapporti non più (necessariamente secondo Jorn) a due, bensì a tre. Come detto: la teoria passò inosservata o incompresa. Ma l’artista sapeva di avere ragione e (ecco il colpo di genio) cercò di dimostrare la sua validità applicandola a uno dei giochi più famosi del mondo: il calcio. Così Asger Jorn ha inventato il calcio a tre.

Il fato ha scelto per l’artista un crudele destino: del rapporto trialettico nessuno se ne ricorda, in pochi conoscono il calcio a tre (qui un bel documentario), mentre il nome di Jorn resta uno sconosciuto che di nuovo incompreso si trova costretto ad accettare la triste realtà. È invece Danilo Correale, artista napoletano classe 1982, a rispolverare il gioco, la teoria che si tira dietro e il danese che l’ha elaborata. A Siena infatti Correale ha organizzato per oggi, domenica 8 dicembre, una partita di calcio a tre nello stadio Gino Manni che vede partecipare tre delle storiche aziende senesi: la cristalleria Collevilca srl, la multinazionale metalmeccanica Pr industrial srl e Trigano spa nel settore dell’autocaravan. I dipendenti delle tre realtà si schierano ricalcando le teorie ipotizzate da Jorn in una partita non definita da contrasti ma costruita su alleanze.

Le regole del gioco sono: campo esagonale, tre porte, tre squadre e un pallone. Un’altra grande differenza con il calcio classico è nel conteggio dei punti: sull’esagono vengono considerati solo i gol subiti e non quelli fatti, vince la quadra con meno reti accumulate, e questo farebbe gongolare Garcia e ogni romanista. Tutto questo secondo il danese doveva sviluppare una tendenza da parte dei giocatori lontana dall’antagonismo dialettico e propensa più a unioni temporanee, come quella delle due squadre deboli contro la più forte in campo. Fatto che effettivamente si verifica durante il gioco, fatto che ha spinto l’artista a scegliere questa performance per il premio Ermanno Casoli. Tutta la ricerca di Correale è una metafora della vita politica ed economica del nostro paese come testimoniano, fra le tante, opere come The visible hands (vincitrice del Talent Prize 21013) e We are sorry, un lungo elenco di scuse che i politici dovrebbero fare a tutti i cittadini; The game, questo il nome della performance, non fa eccezione.

Così l’artista spiega l’opera: «Il lavoro è un progetto complesso e articolato che si snoda tra cooperazione e affettività. Attraverso il pretesto di una partita di calcio a tre porte, metafora del discorso dialettico di Jorn, tre gruppi di operai di diverse aziende proveranno a mettere in scena durante una partita di pallone un differente modello dialettico (trialettico appunto) su matrice antagonista. Il tentativo è quello di stimolare la condivisione di un’esperienza che possa rendere consapevoli e motivati ad agire nel concreto per imprimere un movimento, segnare un cambiamento positivo nella comunità a cui appartengono e apparteniamo». Buon finale di partita. A tre.

Guarda l’intervista video con Correale

 

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