Il bello di Echo Back

Venezia

Echo Back espone le figure di interferenza, quelle che deviano la traiettoria di un percorso fisico e trascendentale provocando una rottura, un cambio di direzione. Sono forme di rifrazione intese come fenomeni estetici capaci di ampliare la possibilità di percezione, introducendo diversi livelli cognitivi. Gli artisti coinvolti nell’esposizione, provenienti tutti dall’archivio della fondazione Bevilacqua La Masa, presentano opere che stimolano una riflessione sulla molteplicità dei significati attribuibili a un dato oggetto. Con Riccardo Giacconi è l’ironia ad attivare l’interferenza. Il suo video presenta un dialogo tra l’artista stesso e un sacerdote francese attorno all’incompatibilità tra scherzo e religione. Nessuna immagine, solo parole scritte e pronunciate, indagano circa il concetto di verità che si rivela relativo. Un’altra opera, creata in collaborazione con l’artista Jolanda Dolmizi, predilige nuovamente le parole che, in questo caso, compongono una poesia scritta a caratteri fanciulleschi. Secondo Giovanni Giaretta, relativo è invece il concetto di spaziotempo. Nel suo video l’inquadratura fissa su di un autodromo è interrotta da delle didascalie che rielaborano il rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato: velocità è essere fermi.

Emilio Vavarella mette in mostra l’errore presente nel web. Si tratta di fotografie digitali tratte da Google Street View che mostrano paesaggi dai livelli di saturazione cromatica alterati e primi piani distorti sfuggiti alla censura della rete. L’interesse verso luoghi insoliti è vivo anche nell’artista Spela Volcic, le cui fotografie colgono la transitorietà dei lavori di restauro di un palazzo storico sloveno e i riflessi delle acque lattiginose di un paesaggio dopo un’alluvione. La scultura di Giorgio Miccio traspone la superficie calpestabile del suo atelier sul pavimento della galleria veneziana. Lo spazio in cui pensa e crea le proprie opere è tradotto nel panneggio creato attraverso la modulazione di un foglio di carta che permette un intenso effetto di chiaroscuro. Con Jacopo Trabona è l’atelier dell’artista a diventare un quadro mostrando quello che rimane dopo la creazione di un dipinto. Sul pavimento restano gli schizzi di colore e sul muro sono evidenti i margini della tela che è già stata trasferita in un altro luogo. Infine le opere di Roberta Busechian propongono un’analisi estetica e psicologica sulla schizofrenia. Lavorando sul piano sonoro e su quello visivo evocano tormenti e inquietudini che sembrano raccogliere le tensioni dei differenti lavori in mostra.

Fino al 24 gennaio 2014 alla Jarach Gallery. Info: www.jarachgallery.com