Esplorando Beethoven

Nell’ Aula Magna della Sapienza è stata la volta del secondo appuntamento di Esplorando Beethoven, ciclo di concerti offerti dalla IUC (Istituzione universitaria dei concerti) per rivivere il mondo musicale del genio di Bonn. Protagonista il Quartetto cremona, formazione cameristica nata nel 2000, che risiede a Genova, ma ha scelto di chiamarsi col nome della città lombarda, culla incontrastata dell’arte della liuteria, che raggiunse i massimi livelli nell’evoluzione del violino, dalla metà del XVI secolo fino ai risultati d’eccellenza di dinastie di maestri liutai come Stradivari, Guarnieri o Ruggeri. Il concerto è dedicato al Quartetto italiano, che si sciolse nel 1981 e realizzò una pregevole incisione dei Quartetti di Beethoven. I brani in programma sono stati paradigmatici di due momenti diversi dell’epopea beethoveniana.

Il Quartetto in Do maggiore op.59 n.3, del 1806, fa parte dei Quartetti Rasumovsky, dal nome dell’ambasciatore russo a Vienna a cui sono dedicati: uno stile espressivo, inedito per il raffinato genere del quartetto d’ archi, concentrato d’ energia in forma quasi drammatica, dalla complessa tessitura compositiva, frutto del cosiddetto periodo eroico della maturità. Beethoven, al tempo dell’op.59, era al massimo della sua vitalità creativa e aveva appena composto capolavori come la Sinfonia Quinta e Sesta o il Concerto per pianoforte e orchestra n.5 detto Imperatore; cresciuto negli anni in cui la Rivoluzione francese detta leggi nuove di uguaglianza, sente che anche l’artista deve lavorare per tutti gli uomini. Così, per primo, sottrae la sua opera al privilegio dell’ aristocrazia e la consegna alle cure degli editori, perché la diffondano. «Emanano dalla musiche di Beethoven un alito gigantesco di carità e un intenso calore di solidale fratellanza – scrive nella sua Storia della musica Luciano Confalonieri – l’uno e l’altro si accompagnano a un orgoglio sovrano. È la fondazione musicale di una religiosità laica, la scoperta di nuove liturgie, grazie a cui l’artista vuole imporre la propria parola e appagare il suo desiderio di espandersi». Mentre la sordità avanza uno sconfinato desiderio di libertà spinge Beethoven a isolarsi sempre più dal mondo, con cui ha rapporti conflittuali, per lasciare alla musica il suo messaggio all’umanità.

«Il vostro genio ha superato i secoli, e non vi sono forse ascoltatori abbastanza illuminati per gustare tutta la bellezza di questa musica; ma saranno i posteri a renderle omaggio e a benedire la vostra memoria»: queste parole profetiche, pronunciate dal principe Nikolaj Borisovic Golicyn, committente dei primi tre dei cinque lavori che concludono l’esperienza beethoveniana nel campo del quartetto, possono essere l’epigrafe in testa a una delle avventure più visionarie mai compiute da un genio musicale pervenuto alla sua massima definizione. «Una musica che resterà sempre contemporanea», ebbe a dire Igor Stravinskij. Tra queste creazioni il primo è il Quartetto in Mi bemolle maggiore op. 127 n.12, che il Quartetto Cremona esegue alla Sapienza. Siamo di fronte all’ultimo Beethoven, ormai trapassato nel luogo del perfetto silenzio della sordità, che gli ispira una musica dalla tensione metafisica, intrisa di letture kantiane, vicina all’essenza ultima del vivere: un compositore dall’estro ormai imprevedibile e complicato, che ha scritto la Nona Sinfonia o le ultime Sonate per pianoforte, riscoprendo l’arte antica del contrappunto; che fece dire allo scrittore Goethe, incontrato a Bonn, «non ho mai visto un artista più fortemente concentrato, più energico, più profondo, pervaso da una personalità assolutamente sfrenata». Il Quartetto Cremona sta preparando l’incisione integrale dei Quartetti di Beethoven e ha aderito al Progetto Amici di Stradivari, un network internazionale tra quanti posseggono, usano o custodiscono strumenti di scuola classica cremonese, una sorta di comunità virtuale nel segno dell’amore per la liuteria.