Global, quando il media fa festival

Quale futuro per i media? Quali strategie e percorsi per stare sul pezzo, affrontare con tempismo un mondo che rotola sempre più vorticosamente? Dove i millennials – chiamateli, se volete, nativi digitali o generazione y – si selfeggiano sui red carpet come ai funerali, dove con quello che una volta era il vostro telefonino potete pagarci un caffè o trovare l’anima gemella del momento in un nanosecondo? Strategie di comunicazione e marketing, advertising rinforzato da dosi massicce di social, dove quel che resta del vecchio giornalismo è pari al peso dell’oliva sullo stecchino del cocktail: a fare il punto su tutto ciò ci ha pensato Global, il festival dei media, una due giorni all’hotel Cavalieri Hilton capitolino che ha raccolto il top dei big spender e delle menti creative del settore. Un appuntamento organizzato e gestito da C Squared per la prima volta in Italia, a Roma, in un posto magnifico di una città che di suo è un incanto, quando vuole, degna cornice di tanto business. Ché l’inglese è d’obbligo e altra lingua non s’ode nella multisala congressi dell’albergone di lusso nato come ospedale a Monte Mario. Charlie Crowe, roscio e ciarliero, simpatico e brillante presidente e direttore della media company curatrice dell’evento, si muove come si conviene a tanta platea nel suo ruolo di conduttore, fazzoletto e cravatta in tinta. Eh sì che le teste d’uovo che ridono alle sue battute hanno pagato la bella cifra di 2.500 sterline per affollare le sale congressi: quisquilie, per chi fattura complessivamente 250 miliardi.

Millennials, anzitutto. Sono loro il target, l’oggetto del desiderio neanche oscuro di tanta bella gente e a spiegare chi siano è Mainardo de Nardis, Ceo di Omd worldwide. Gente nata tra la fine degli anni Ottanta e il millennio che sta sempre connessa, spende e spande e chiacchiera con gli amici, vuole connettività, trasparenza e condivisione e non chiede altro che “to be in the now”, vivere adesso. Stare nell’oggi con positività. Ché l’ottimismo è come l’inglese, se non lo possedete alzate i tacchi e fatevi da parte, il presente non fa per voi, il futuro ancora meno. Necessario presuppoosto di tutto ciò, ovviamente, è che la recessione sia alle spalle: dunque, prego, sorridete tutti. Sorride pure Steve King nel dirlo, perché la fiducia torna nei consumatori, più nel nuovissimo mondo che nel vecchio, un po’ al palo, e pure l’America grassa e ricca non corre più di tanto, come l’Arabia felix e l’Oceanai, ma è l’Estremo Oriente che va velocissimo, lì si faranno affari veri. Il Ceo di Zenith Optimedia dice anche altre cose interessanti. Che in questo mondo di adv a tre velocità le grandi aziende, le corporate spendono in realtà più che mai per promuovere il proprio brand e se è vero che in proporzione da qui al 2016 gli investimenti pubblicitari nel settore online supereranno la bella cifra di 600 miliardi di dollari, restano pur sempre caccole al confronto degli oltre 30mila che si riverseranno negli studios tv, degli oltre 20mila – udite, udite – che finanzieranno i vecchi giornali di carta data per straccia. Un’inezia persino al confronto degli investimenti pubblicitari sulla vecchia, intramontabile radio e nella cartellonistica stradale, stabilmente in crescita.

Ma, come recita quel vecchio adagio, le cose più sono vicine più appaiono grandi, ergo occorre darsi da fare coi social media, con le nuove piattaforme integrate di magazine tradizionali e digitali e trovare nuovi modi di raccontare vecchie storie, fedeli al dettato di Mc Luhan: il media è il messaggio. E se la radio gode di buona salute e la tv è tutt’altro che morta, Lewis D’Vornik di Forbes è categorico: il giornalismo coinciderà sempre più con l’editoria digitale, questa coi social media e dunque con la telefonia mobile: al marketing intriso di giornalismo e viceversa il compito di fare fronte alle nuove sfide dell’adv. A raccontare le nuove frontiere dell’interazione tra pubblico e media, tra giornalismo e mercato bastano due esempi d’eccellenza. Il primo, da parte di Riccardo Nasuti dell’As Roma e David Collett di Opta, rispettivamente digital content manager della società calcistica e direttore dell’azienda leader dei servizi informatici applicati allo sport. Un bel carico di lavoro, per la prima squadra capitolina (e seconda italiana più nota al mondo) che gestisce, oltre al sito ufficiale, una pagina facebook con oltre tre milioni di liker e ha creato un hashtag per perorare il nuovo stadio di proprietà: #risetoglory, in linea con la campagna di marketing virale dei lupi di Rudi. Quanto alla vecchia, buona carta, i numeri dicono che non è finita, anche se siete decisamente poco trendy a sfogliare un quotidiano. Date piuttosto un’occhiata a Porter e al suo omologo online: www.net-a-porter.com, esaustivo per quanto riguarda la connessione tra acquirenti di beni di lusso e fruitori dei nuovi media. Le cifre che snocciola Sarah Watson sono chiare e di tutto rispetto: il 98% di loro usa il web giornalmente: il 70% è su fb, il 30% twitta e il 10% è pure su Istagram. Stiamo parlando di centinaia di milioni di utenti globali, mica bruscolini. E col porta a porta globale il cerchio si chiude, con buona pace di chi sosteneva che i giornali non sono scarpe. Buona visione su: www.festivalofmedia.com.