Private, artisti a domicilio

Roma

Private è un progetto di otto mostre site specific accolte nello studio di Silvia Geddes – da anni nel campo dell’art advisory – situato di via del Babbuino (Roma). La stanza principale e più ampia dello studio è affidata di volta in volta a un artista invitato. A lui è lasciata totale libertà d’intervento: può allestire lo spazio, occuparlo, abitarlo con opere proprie o altrui, con materiali disponibili in loco o rinvenuti all’esterno, affinché diventi la rappresentazione tangibile di una personale idea di spazio, sia esso spazio vitale, mentale, o domestico. Il primo a esporre nello studio Geddes è stato Luca Trevisani, a cui hanno seguito Andrea Salvino, Luca Vitone e Giuseppe Pietroniro.

Il 15 aprile inaugura l’intervento di Olaf Nicolai (1962) che si è relazionato con il luogo come se fosse il suo spazio privato, il suo studio. In cinque giorni ha realizzato sei lavori – disegni e acquarelli – per sei amici (curatori ed artisti). L’artista così esprime le sue intenzioni: «Il tempo privato di lavoro solitario è stato condiviso con questi amici anche in un altro modo: ogni sessione è stata registrata con una telecamera di sorveglianza e la registrazione è stata data a loro. Ognuno di loro ha avuto il nastro che documentava la realizzazione del lavoro dedicato a lui o a lei e l’hanno avuto con la richiesta di descrivere con parole loro cosa vedessero nella registrazione. […]La mostra presenterà l’incontro di questi sei lavori con le loro descrizioni». Per fare un bilancio del ciclo di mostre (siamo alla metà del percorso) abbiamo intervistato l’artista Giuseppe Pietroniro che insieme a Silvia Geddes è alla regia del particolare progetto.

Come è nata la collaborazione con Silvia Geddes e come nasce il ciclo Private? «Con Silvia Geddes la collaborazione nasce per un’urgenza comune di realizzare qualcosa di diverso dal solito. Inoltre, per quanto mi riguarda, sentivo la necessità di interfacciarmi direttamente con gli artisti perché ho notato che c’è molta affinità tra artisti quando si progetta insieme; c’è più dialogo, disponibilità e un’apertura maggiore alla collaborazione rispetto al binomio classico artista/curatore. Già nel 2011 avevamo realizzato insieme la mostra di disegni Mina a mano amata. Dopo quell’esperienza si è deciso di continuare e fare un progetto in cui fosse coinvolta solo una parte dello Studio. Così nasce Private: un appartamento dove l’artista ha la possibilità di intervenire in uno spazio sperimentale per raccontare se stesso in modo più libero e intimo rispetto ad una mostra in galleria o al museo».

Per quanto riguarda la selezione degli artisti invitati, quali sono stati i criteri utilizzati? «La scelta è stata determinata da relazioni di amicizia oltre che pratiche. Infatti, tutti gli artisti coinvolti hanno nel loro percorso esperienza con interventi analoghi, trasversali. La lunga lista di artisti, da me proposta, è stata poi vagliata da una stretta commissione che ha scelto in modo svincolato da strategie prettamente commerciali. Inoltre tutti gli artisti che abbiamo invitato a partecipare al progetto, lavorano in prima persona a ciò che producono. Ne risulta che l’oggetto artistico torna a essere al centro dell’interesse».

Il progetto che l’artista espone nasce in relazione allo spazio dello Studio? «Fino ad ora tutti gli artisti che hanno esposto a Private hanno vissuto lo spazio personalmente prima di presentare il progetto. Hanno potuto capire l’energia intima da salotto culturale che lo contraddistingue. L’artista ha la totale libertà di espressione».

Il progetto Private è stato pensato libero in tutti i sensi, anche risetto alla comunicazione, svincolato dall’utilizzo dei canonici binari di diffusione, non è così? «Si è vero e tengo molto a questo aspetto. Proposi a Silvia di metterci in gioco e capire attraverso il consenso delle persone se il progetto da noi ideato può considerarsi valido o meno. Proprio per questo ci siamo affidati, per promuovere l’evento, al semplice passa parola. È inutile fare pubblicità, l’idea era di fare qualcosa di più aperto e di pancia proprio per rimanere in sintonia con il progetto trasversale e il contesto non galleristico dello studio Geddes. Al momento ritengo che l’idea abbia senso, anche se le somme le tireremo al termine del ciclo».

Immagino, dal momento che ci troviamo a ridosso dell’inaugurazione di una nuova mostra, sarai sicuramente molto impegnato nel tuo ruolo di ideatore, coordinatore e organizzatore… «Questa è un’esperienza nuova e interessante ma anche faticosa, visto che non so esattamente quali sono i compiti di un curatore quando organizza una mostra, ma da artista posso solo immaginare. L’aspetto di cui mi occupo è più che altro quello tecnico-organizzativo. Ogni artista s’interfaccia con me per capire come proseguire nell’allestimento della mostra. Si tratta di un aspetto pratico molto affascinante, animato da un continuo dialogo tra me e il loro lavoro. Proprio per questo mi sento molto partecipe e responsabile. Il dialogo tra noi artisti è molto forte e va oltre all’atteggiamento predominante del curatore. Diciamo che per alcuni versi si procede un po’ insieme».

Quali sono le difficoltà sopraggiunte durante il percorso? «Solo organizzative per una mia impreparazione al ruolo, ma sto imparando molto a ogni mostra. C’è un’aspettativa crescente da parte del pubblico che ci segue, il quale sa che, di volta in volta, lo spazio sarà liberamente interpretato/trasformato dall’artista coinvolto. Ho notato che un po’ tutti noi artisti – oltre me anche Andrea Salvino e Luca Trevisani – abbiamo proposto lavori che non avremmo presentato in altri contesti, ma abbiamo utilizzato questo spazio come un banco di prova di qualcosa che stavamo elaborando, la presentazione di un progetto futuro».

Tu hai esposto nello Studio a febbraio/marzo 2014. Quando è toccato a te confrontarti con lo spazio hai fatto tesoro delle esperienze vissute come coordinatore? «Assolutamente. Avevo ancora più chiaro il valore di relazionarsi con lo spazio privato dell’appartamento con l’obbiettivo di coinvolgere visivamente ed emotivamente lo spettatore. Mi viene in mente il lavoro presentato da Luca Vitone che ha trasformato lo spazio in una sorta di trattoria. È stato importante vedere che le persone non si sono annoiate alla mostra e che invece quella è stata un’occasione conviviale di confronto. Ribadisco: una sorta di leggerezza accompagna tutto il progetto».

Anche se il ciclo di mostre in programma non è terminato, hai notato delle differenze di ricezione da parte del pubblico che segue Private dall’inizio ad oggi? «Certamente. Credo che questo sia dettato dal fatto che tutto avviene in un contesto non galleristico; ritengo questo un aspetto fondamentale. Non solo i visitatori sono più rilassati, ma anche gli artisti hanno un atteggiamento più propositivo. Non si hanno le pressioni di una mostra in galleria dove si è più suscettibili a critiche. Siamo curiosi di vedere quale sarà la reazione del pubblico con la prossima mostra di Olaf Nicolai, un artista non semplice, non decorativo che ha proposto un lavoro quasi filosofico. Non essendo una galleria, ho notato anche in prima persona che è molto più facile dialogare per gli artisti con lo spazio e far dialogare a loro volta i lavori con il pubblico».

Potete considerarvi soddisfatti del lavoro fin qui svolto? «Per il momento siamo molto soddisfatti, anche considerando il periodo attuale e le poche risorse a nostra disposizione. Siamo piacevolmente colpiti dall’interesse crescente del pubblico e dalle richieste che altri artisti ci sottopongono. Apprezziamo l’atteggiamento collaborativo che dimostrano gli artisti invitati a partecipare al progetto. Altro aspetto che tengo a sottolineare è la capacità di Silvia Geddes di saper collaborare con i galleristi che rappresentano l’artista in mostra».

Siamo arrivati al quinto degli otto appuntamenti in programma. Quali saranno i successivi artisti coinvolti? «Dopo Olaf Nicolai, dal 15 aprile, sarà la volta di Flavio Favelli, Simone Berti e per finire esporrà Yto Barrada».

Studio Geddes
Via del Babuino 125, 00187 Roma
[email protected]

 

 

Articoli correlati