I soft work di Ruby

«Da bambino mi imbattei in una trapunta Amish a casa di un amico. La trapunta era molto vivace, i colori sembravano brillare e la geometria evocare un disegno spirituale. Mi ricordo di aver pensato quanto fosse fuori luogo quell’oggetto colorato in una famiglia in cui tutti vestivano colori spenti o neri. […] Queste trapunte mi sono rimaste impresse per anni e ho iniziato a comprarne numerose. Amo il fatto che queste coperte abbiano non solo un valore pratico, ma anche artistico, e che alla base della loro realizzazione ci sia un lavoro artigianale dalla funzione terapeutica». Con queste parole Sterling Ruby presentò nel 2012 la sua mostra intitolata Soft work al Centre d’art contemporain di Ginevra, il racconto del suo primo approccio con l’arte tessile è la pietra fondante di una nuova visione estetica, la fonte originaria di una consapevole sperimentazione creativa.

Sterling Ruby inizia a studiare arte in un piccolo istituto a Lancaster, una cittadina della Pennsylvania vicina alla natia comunità Amish. La fascinazione verso l’artigianalità, verso quelle forme domestiche di creatività portano l’artista originario di Bitburg, a interessarsi alle opere tessili di Joseph Beuys, Eve Hesse, Judy Chicago e Louise Bourgeois. Ruby si trasferisce a Los Angeles nel 2000 dove frequenta l’Art center college of design iniziando la sua attività come assistente di Mike Kelley, pioniere di una ricerca incentrata nell’appropriazione della cultura femminile casalinga applicata ad un’attività di artigianato di matrice maschile.

Le opere di Ruby sono il frutto di una traduzione linguistica: l’artista si impossessa del manufatto sartoriale per ridisegnare una nuova concezione espressiva. Le sculture soffici di Ruby sono composte da cuscini che divengono materia plastica da modellare, rappresentano un inganno, costruiscono un immaginario casalingo in cui vi è traccia di un pericolo, dove le certezze della quotidianità svaniscono inevitabilmente. I soft work sono costituiti da due tipi di forme: i mariti, cuscini prodotti in America per le studentesse del college la cui presenza è molto fisica visto che sembrano racchiudere in un abbraccio la persona, e quello che Ruby definisce vampiri, soffici bocche appese al muro costituite da grandi gocce di sangue sospese in aria. L’arte tessile diviene per Ruby il pretesto per poter indagare la contemporaneità, quel focolare domestico così sicuro e innocuo diviene il centro del pericolo, la trappola in cui si nasconde ogni sorta di minaccia, le opere formano marionette legate al muro che richiamano la sofferenza e il dolore ma, allo stesso tempo, anche la fede verso l’arte, unica cura terapeutica che riesce a combattere la malattia.

Fino al 15 settembre; Macro Testaccio, piazza Giustiniani 4, Roma; info: www.museomacro.org

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