Fioroni alla Gnam

L’argento è il titolo della mostra su Giosetta Fioroni alla Galleria nazionale di arte moderna di Roma a cura di Claire Gilman. Il colore del metallo è una caratteristica che ha contraddistinto la produzione dell’artista nel suo periodo Pop, siamo negli anni’60. A quell’epoca era anche un colore che si identificava con la produzione di oggetti industriali ed è spesso associato al mercurio nella sua denominazione di argento vivo. Fioroni è una delle più importanti personalità della nostra storia artistica: ha fondato la scuola di piazza del Popolo insieme a Schifano, Festa e Angeli, il loro riferimento era la galleria la Tartaruga di Plinio De Martiis; è stata amica di Capogrossi e Burri; ha studiato scenografia teatrale con Toti Scialoja all’accademia di Belle arti di Roma, altro suo maestro sarà lo stesso Capogrossi.

La mostra comincia con tre quadri astratti databili fra il ’59 e il ’60, in cui si trova l’utilizzo dello smalto e dell’alluminio, a cui fanno da pendant una serie di disegni a inchiostro di china, pastello e tempera su carta realizzati fra ’58 e ’62, sono senza titolo e sono tratti da Le journal Parisien: vi si alternano elementi figurativi come un membro maschile, un sole, delle nuvole, un cuore o alcune parole, a elementi astratti. Nella seconda sala comincia l’avventura Pop con quadri che rappresentano soprattutto ritratti e figure femminili, insieme a bambini, tutti risalenti agli anni ’60 e ai primi anni ‘70. Ma cosa interessa all’artista Fioroni? La realtà urbana e la realtà mediatica: le sue immagini provengono da fotografie, giornali, riviste, immagini cinematografiche, però, al contrario dei suoi compagni di strada della Pop Art italiana e statunitense, emerge sempre il disegno che non si lascia ingabbiare dal colore e dona vitalità alla materia pittorica. Alcuni ritratti hanno altre cromie oltre all’argento, in mostra Doppio Liberty realizzato con pastello blu, e Liberty realizzato con smalto bianco e rosso. Molte immagini sono singole, altre sono ripetute all’interno di una stessa opera, ad esempio in Elsa Martinelli, in altre ancora si trovano più figure, come in Una lacrima sul viso.

Importante per Giosetta Fioroni è stata l’esposizione che l’ha vista protagonista all’interno della serie di mostre denominate Teatro delle mostre a cura di Plinio De Martiis, svoltesi nel ’68 alla galleria la Tartaruga. Qui l’artista aveva ricreato la sua stanza da letto, mentre l’attrice Giuliana Calandra recitava la routine quotidiana: la stanza da letto si trovava dietro un muro, bisognava guardare attraverso un buco della serratura con lente telescopica invertita per vedere l’opera; di questa esposizione si possono ammirare le testimonianze al paino superiore del museo. Nella stessa sala è collocato Casa: interno famigliare, la ricostruzione in legno di una casa in cui guardando da vari buchi della serratura si vedono scene con oggetti, uno dei lavori che si sono succeduti come evoluzione conseguente della mostra alla galleria la Tartaruga. Agli inizi degli anni ’70 nasce una serie di opere, paesaggi d’argento, che traggono ispirazione dal paesaggio veneto, la campagna romana, luoghi simbolo del passato glorioso dell’Italia, insieme a immagini del nuovo territorio urbano. In questa serie si alternano lavori con elementi figurativi come in La montagna o La casa di Salgredo, Il monte Tomba, a lavori dove si realizza un’espressività totalmente astratta come in Strada per Fregene, Il ponte di barche a Fossalta, Piazza San Marco, tutte opere fruibili al pian terreno. Proprio nel ’71 Fioroni si trasferisce a Salgredo, comune della campagna veneta, insieme al marito Goffredo Parise e stimolata dalla mitologia locale realizza Gli spiriti di campagna una serie di disegni di creature fantastiche inserite poi in veri e propri ambienti teatrali, fra fiaba e aura magica. La produzione dell’artista è influenzata dall’infanzia, dal ricordo, dalla memoria, dalla favola: sua madre costruiva teatrini e marionette attraverso cui raccontava storie fantastiche. Alcuni di questi disegni e altri, eseguiti dal 2000 e che manifestano la passione per il teatro, sono visibili in mostra.

Alla Gnam si svolge anche Faïence, piccola esposizione a cura di Angelandreina Rorro che presenta le ceramiche di Fioroni, la ceramica è la tecnica attraverso cui l’artista si è espressa durante gli anni di frequentazione della bottega Gatti di Faenza. Due le serie di opere databili fra il ’93 e il 2013: i Teatrini e i vestiti. Le prime sono ricostruzioni di teatrini che alternano superfici lucide a superfici scabre: si materializzano sogni a occhi aperti che hanno a che fare con la mitologia come in Tempio di vesta e Tempio di marte, con l’idea di identità storica come in Italia o in Roma, con il sentimento come in Cuore o in La grande vacanza, con la letteratura come in Il ragazzo morto e le comete di Goffredo Parise. I Vestiti sono abiti senza la persona che però incarnano donne celebri ed eroine dei romanzi dell’800 e del ‘900; qui il carattere femminile emerge nella sua potenza. L’artista ha realizzato poi quattro nuovi vestiti appositamente per la mostra: Lady Susan, Un cappuccetto rosso metafisico, La subitaneità e Murasek. In generale nelle ceramiche di Fioroni si rivela la confluenza di scultura e pittura, perché il colore e il disegno sono essenziali per raggiungere il risultato finale.

Fino 26 gennaio; Gnam, viale delle Belle Arti 131, Roma; info: www.gnam.beniculturali.it

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